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Santi del 17 Maggio

Il mio Santo > I Santi di Maggio

*Sant'Adrione - Martire (17 maggio)
sec. IV
Martirologio Romano:
Ad Alessandria d’Egitto, Sant’Adrione, martire.  
Santi Adrione di Alessandria e Vittore di Roma, martiri
Il Martirologio Geronimiano alla data del 17 maggio ha: «In Alexandria Adrionis Victoris et Basillae»; la memoria è passata poi nel Martirologio Romano, che ricorda lo stesso giorno i nomi degli stessi santi.
Si deve notare, però, che nelle diverse notizie tramandateci si è generata una certa confusione. Il Delehaye, infatti, fa notare acutamente come i codici del Geronimiano alla memoria sopra indicata fanno seguire la notizia: «Romae via Salaria vetere».
Secondo lo stesso commentatore del Martirologio Romano la ricostruzione del testo sarebbe probabilmente la seguente: «Alexandriae Adrionis, Romae via Salaria vetere in coemeterio Basillae Victoris».
Adrione è un martire d'Egitto, conosciuto solamente di nome; Vittore, invece, è un martire romano.
Di quest'ultimo sappiamo, poi, da antiche testimonianze che era stato sepolto nel cimitero di Basilla; infatti, l'Itinerario salisburgense Notitia ecclesiarum urbis Romae, del sec. VII, scrive: «Deinde vadis ad Australem via Salaria, donec venies ad S. Ermetem, in altera spelunca Protus martyr et Iacintus deinde Victor martyr».
(Autore: Filippo Caraffa - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Adrione, pregate per noi.

*Beata Antonia Mesina - Martire della purezza (17 maggio)

Orgosolo, 21 giugno 1919 - 17 maggio 1935
Seconda dei dieci figli di Agostino Mesina e di Grazia Rubanu, nacque il 21 giugno 1919 ad Orgosolo (Nuoro) e fu battezzata nella parrocchia di San Pietro.
La famiglia di modeste condizioni, era mantenuta dal padre che faceva la guardia campestre. Antonia si formò alla scuola della Gioventù femminile d'Azione Cattolica: dal 1929 al 1931 ne fece parte come «beniamina», mentre tra il 1934 e il 1935 fu socia effettiva.
Di carattere riservato e deciso, partecipò con spontaneità agli avvenimenti di Orgosolo: una foto la ritrae che indossa il costume portato dalle donne nelle tradizionali feste dell'Assunta (15 agosto) e di Sant'Anania (prima domenica di giugno).
Il 17 maggio 1935, dopo aver partecipato alla Messa, si recò nel bosco circostante per raccogliere la legna; si trovava in località «Obadduthal» quando venne trovata da un giovane compaesano, il quale la tentò per un rapporto d'amore.
Un tentativo che trovò un deciso rifiuto da parte della ragazza. Il giovane accecato dal rifiuto, l'aggredì con violenza massacrandola a colpi di pietra: si contarono 74 ferite. Antonia aveva solo 16 anni. I funerali si tennero il 19 maggio 1935. Giovanni Paolo II l'ha beatificata il 4 ottobre 1987. (Avvenire)
Etimologia: Antonia = nata prima, o che fa fronte ai suoi avversari, dal greco
Martirologio Romano: Nella cittadina di Orgosolo in Sardegna, Beata Antonia Mesina, vergine e martire, che, impegnata nella vita della Chiesa, all’età di sedici anni difese fino alla morte la propria castità.
Non solo nel lungo e cruento periodo delle persecuzioni contro i cristiani dei primi tempi, si ebbero numerose vergini e martiri, i cui nomi sfidando i millenni sono diffusi in tutta la cristianità, ma anche nei nostri tempi, vi sono state tante ragazze che hanno sfidato la concupiscenza di uomini fuor del timore di Dio, accecati da insane passioni, e subendo anche la morte per difendere la loro purezza.
Forse ai nostri giorni parlare della difesa estrema della purezza, fa un po’ sorridere, visto il lassismo imperante, la sfrenatezza dei costumi, il sesso libero fra molti giovani, ma fino a qualche
decennio fa la purezza era un bene e una virtù, a cui tutte le ragazze tenevano, come dono naturale da difendere e preservare, per un amore più completo e benedetto dal sacramento del Matrimonio, oppure come dono da offrire a Dio in una vita consacrata.
Papa Pio XII volle indicare alle giovani, come esempio di difesa estrema ed eroica della purezza, la ragazza martire Maria Goretti (1890-1902) che beatificò nel 1947 e proclamò santa nel 1950 durante l’Anno Santo.
E con il riconoscimento ufficiale della Chiesa di questa forma di martirio, quello che fino allora poteva considerarsi, secondo il linguaggio di oggi, come uno stupro finito tragicamente per la resistenza della vittima, assunse una luce nuova di martirio, visto la personale spiritualità della vittima, il concetto di difesa della purezza come dono di Dio, il ribellarsi coscientemente fino alla morte; diceva San Domenico Savio nella sua pura adolescenza: “La morte ma non il peccato”.
Alcune di queste vittime, ricorrendo le condizioni personali su esposte, sono anch’esse avviate al riconoscimento ufficiale della Chiesa, dell’eroicità delle loro virtù; o come altre già beatificate e in attesa di essere proclamate sante, per tutta la Chiesa Universale.
Ne cito alcuni nomi: la Beata Pierina Morosini (1931-1957) della provincia di Bergamo; la beata Carolina Kozka (1898-1914) martire della Polonia; la Serva di Dio Concetta Lombardo (1924-1948) della provincia di Catanzaro; ecc. a queste si deve aggiungere la Beata Antonia Mesina di cui parliamo.
Antonia, seconda dei dieci figli di Agostino Mesina e di Grazia Rubanu, nacque il 21 giugno 1919 ad Orgosolo in provincia di Nuoro, battezzata nella parrocchia di S. Pietro, originariamente del XIV secolo e come si usava allora, venne cresimata il 10 novembre 1920 quando aveva nemmeno due anni; all’età di sette anni fece la Prima Comunione.
La famiglia di modeste condizioni, era portata avanti dal padre che faceva la guardia campestre, e già era qualcosa nella carente economia di Orgosolo, paese collinare della Barbagia (mt. 620), sui rilievi a nord dei monti del Gennargentu, con le sue caratteristiche casette, spesso con cortili a piccole logge, le cui principali risorse degli abitanti erano la pastorizia e lo sfruttamento degli estesi boschi circostanti.
Antonia Mesina si formò alla scuola della Gioventù Femminile d’Azione Cattolica e dal 1929 al 1931 ne fece parte come ‘beniamina’ e dal 1934 al 1935 come socia effettiva, fu colma di pietà semplice e fervorosa, generosa nella dedizione alla sua famiglia, dando rispetto e carità verso tutti.
Di carattere riservato e deciso, tipico della personalità delle donne barbaricine, evitò tutto ciò che poteva offuscare il suo buon nome e la sua modestia.
Partecipò con spontaneità agli avvenimenti del suo paese Orgosolo, una foto la ritrae che indossa il bellissimo costume, portato dalle donne nelle tradizionali feste dell’Assunta (15 agosto) e di Sant'Anania (prima domenica di giugno).
Il 17 maggio 1935, dopo aver partecipato alla celebrazione della Messa nella parrocchia di S. Pietro e ricevuta la S. Comunione, si recò nel bosco circostante per raccogliere la legna, secondo le consuetudini per le necessità della famiglia; si trovava in località “Obadduthal” quando venne trovata da un giovane compaesano, il quale la tentò per un rapporto d’amore, ma lei non aderì e resisté alla insana passione di lui; il giovane accecato dal rifiuto, l’aggredì con violenza massacrandola con colpi di pietra, si contarono 74 ferite.
Così morì difendendo la sua purezza Antonia Mesina di soli 16 anni, impregnando quella nobile e antica terra di Barbagia, del suo sangue innocente; diventando un fiore da ammirare per il popolo di Orgosolo, che partecipò compatto il 19 maggio 1935 ai solenni funerali. Il 22 settembre 1978 la Santa Sede approvò l’inizio del processo per la sua canonizzazione; Papa Giovanni Paolo II ha beatificata questa figlia di Sardegna il 4 ottobre 1987.
(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Antonia Mesina, pregate per noi.

*Beato Bernardo da Verdun - Mercedario (17 maggio)

XIV-XV secolo
Nobile francese, il Beato Bernardo da Verdun, si ritirò dal mondo per donarsi tutto alla redenzione degli schiavi facendosi religioso mercedario.
Grande predicatore, fu onorato per le sue parole ed esempio di vita.
Nel 1408 andò a Tunisi in Africa e subendo molte percosse per la fede in Cristo, liberò 300 schiavi dalla prigionia dei saraceni ed in quella città terminò la sua vita con una morte preziosa agli occhi di Dio.
L’Ordine lo festeggia il 17 maggio.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Bernardo da Verdun, pregate per noi.

*Sant'Emiliano I di Vercelli - Vescovo (17 maggio)

+ 11 settembre 506
Emiliano fu vescovo di Vercelli nel VI secolo. Per la verità, avrebbe forse preferito nascondersi in un eremo e vivere in solitudine e contemplazione per meglio gustare il sapore del Signore, ma la chiamata di Dio lo volle al servizio attivo del prossimo ed egli seppe svolgerlo con impegno e fervore.
Tra altri provvedimenti di vita pratica, fece anche costruire un acquedotto.
A se stesso chiedeva il massimo e non si risparmiava; dagli altri pretendeva quello che potevano dare nel nome del Signore.
Patronato: Cigliano e Villanova Monferrato
Etimologia: Etimologia: Emiliano = cortese o emulo, dal latino
Emblema: Bastone pastorale
Martirologio Romano: A Vercelli, traslazione di Sant’Emiliano, vescovo.
Emiliano, undicesimo vescovo della grande diocesi vercellese, nacque intorno alla metà del V secolo. Alcune fonti, erroneamente, lo dicono di origine spagnola, ma probabilmente era piemontese. Operò in tempi difficili, come degno successore di Sant'Eusebio (morto nel 371). Caduto l’Impero Romano d’Occidente (476 d.C.), le popolazioni barbariche occuparono il territorio italiano. Teodorico, Re degli Ostrogoti, sconfitti Odoacre (493 d.C.) e i Burgundi, con la presa di Ravenna, conquistò l’Italia.
Le popolazioni occupate erano continuamente provate dalle devastazioni delle guerre. Vercelli, importante municipio romano, era quasi abbandonata e spopolata. L’autorità più importante, anche sotto il profilo civile, era il vescovo. Teodorico cercò di instaurare una pacifica convivenza con la riduzione dei tributi e la liberazione di molti schiavi. Sebbene fosse ariano, si prodigò per migliorare i rapporti tra la chiesa di Roma e quella di Costantinopoli.
Qualche decennio prima, nel Concilio di Calcedonia (451), non senza fatica si era riconosciuta la duplice natura, umana e divina di Cristo.
Tali erano anche gli insegnamenti di Sant'Eusebio e di San Massimo di Torino, pienamente condivisi da Sant'Emiliano.
Il nostro santo era dell’importante cenobio eusebiano che, come scrisse Sant'Ambrogio, radunava intorno al vescovo sia religiosi contemplativi che aspiranti al sacerdozio. Secondo un’improbabile
tradizione, Emiliano fu eremita per quarant’anni nei pressi di Sostegno, dove poi sorse un monastero di chierici regolari. Ancora oggi vi è un antichissimo santuario a lui dedicato.
Fu eletto vescovo tra il 493 e il 497, mantenendo una certa attitudine alla contemplazione. Autentico pastore, si preoccupò sia delle anime (pensiamolo sovente radunato con la sua comunità intorno al sepolcro di S. Eusebio), che delle condizioni di vita dei suoi fedeli. A tale scopo chiese a Teodorico di costruire un ponte e la riduzione delle tasse. Emiliano difese con forza la centralità del potere papale.
Andò a Roma per un concilio indetto da S. Simmaco (inizio secolo VI), la cui nomina e i primi anni di pontificato furono segnati da violenti lotte per annullare la sua elezione. Papa Simmaco sfuggì pure ad un attentato. La pace tornò nel 505, grazie anche all’intervento di Teodorico, con l’adozione delle prime regole per evitare le interferenze esterne nelle elezioni papali.
Emiliano fu un eccellente direttore spirituale. Diede il velo e fu confessore delle quattro sorelle Licinia, Leonzia, Ampelia e Flavia che vivevano nel protomonastero fondato da Eusebia, sorella di S. Eusebio. Morì l’11 settembre, intorno al 506, e fu sepolto in duomo. Il corpo cadde successivamente in oblio, sebbene rimanesse vivo il culto e si innalzassero in suo onore altari.
Il 17 maggio 1181 il Vescovo Alberto lo trasferì presso l’altare maggiore. Riscoperto nel 1565, sette anni dopo fu deposto nella cappella della Vergine dello Schiaffo, che gli fu poi dedicata. É titolare di due parrocchie, Cigliano e Villanova Monferrato. Non è da confondere con Emiliano II, suo successore due secoli dopo, che fu suo grande devoto.
(Autore: Daniele Bolognini – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Emiliano I di Vercelli, pregate per noi.

*Santi Eraclio e Paolo - Martiri (17 maggio)

sec. IV

Martirologio Romano: A Tulcea sul Danubio nella Scizia, nell’odierna Romania, Santi Eraclio e Paolo, Martiri.

Santi Eraclio, Paolo, Minerco, Aquilino, Vittore,n Artemio e Galcoro, martiri.

Questa lista di martiri, che il Martirologio Geronimiano raccoglie alla data del 17 maggio nella località indicata come «Nividuno» per i cinque primi nomi, et alibi per i due ultimi, è divenuta nel Martirologio Romano: «Novioduni, sanctorum martyrum Heradii, Pauli, et Aquilini cum duobus aliis»; quest’ultima redazione risale ad Usuardo.
Noviodunum non può essere Nevers o Nyon, né altra città della Gallia: il culto di questi martiri vi è, infatti, sconosciuto.
Ma le fonti orientali dove appare la maggior parte di questi nomi ne tradiscono l’origine; bisogna quindi cercare da questa parte.
Il Ferrari nella sua Topografia del Martirologio Romano, vi vede una città della Mesia. Si leggerà più esattamente una città della Scizia, alle bocche del Danubio.
È impossibile però far concordare questa ipotesi con la menzione più antica, che è quella del Martirologio Siriaco del IV secolo, al 18 maggio, dove Eraclio e Paolo sono martiri della Bitinia.
Ma, commenta il Delehaye, «ita... scripturae syriacae elementa comparata sunt ut levi lapsu a Niveduno ad Bithyniam perventum sit».
I sinassari greci che riportano Eraclio e Paolo al 15 maggio vi aggiungono Benedimos e ne fanno tre martiri ateniesi.
Identico gruppo si ritrova nel Martirologio Geronimiano al 26 maggio, ma in Africa; esso si è suddiviso nella stessa opera, alle seguenti date:
15 maggio: «Heroli, Pauli, Minervi, Aquilini, Heraclii»: questa lista è unita a un’altra di martiri di Porto («in Portu Romano»).
16 maggio: «et alibi Heradii, Pauli, Menserimi…, Nideruni, Herceli, Meneri, Pauli item Pauli, Aquilini, Minorgi».
17 maggio: «Nividuno Heracli, Pauli, Mineri, Aquilini, Victoris et alibi Artemi, Galcori».
È evidente che queste liste, in fondo identiche, sono in completo disordine. È necessario restituire così l'identità di ciascuno: in Bitinia, Eraclio e Paolo. Tutti gli altri nomi devono essere disgiunti.

(Autore: Jean Marilier – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Eraclio e Paolo, pregate per noi.

*Beato Giovanni (Ivan) Ziatyk - Sacerdote e Martire (17 maggio)

Scheda del Gruppo a cui appartiene:
“Beati 25 Martiri Greco-Cattolici Ucraini”

Odrekhova, Galizia, 26 dicembre 1899 - Ozerlag, Siberia, Russia, 17 maggio 1952
Sacerdote ucraino morto nel 1952, quando la sua patria era sotto il giogo sovietico.
Nato nel 1899, sacerdote a 24 anni, diventa rettore del seminario cattolico.
Nel 1935 entra nei Redentoristi.
Nel 1946 con 58 confratelli viene incarcerato: è il primo di una serie di periodi di detenzione, durante i quali subisce interrogatori e torture.
È destinato ai lavori forzati in Siberia, a Irkutsk, dove muore e dove oggi la sua tomba è oggetto di venerazione. (Avvenire)
Martirologio Romano: Nel campo di prigionia di Oserlag presso Irkusk in Russia, Beato Giovanni Ziatyk, sacerdote della Congregazione del Santissimo Redentore e martire, che, in tempo di persecuzione contro la fede, meritò di sedere al convito celeste dei giusti.
Ivan Ziatyk nacque il 26 dicembre 1899 ad Odrekhova in Galizia.
Terminato il ginnasio a Sjanok, nel 1919 entrò nel seminario di Peremyshl e quattro anni dopo ricevette finalmente l’ordinazione presbiterale.
Dal 1925 fu per dieci anni prefetto nel seminario del quale lui stesso era stato allievo, ove si occupò della formazione sia spirituale che intellettuale degli alunni, insegnando catechetica e materie dogmatiche.
Il 15 luglio 1935 entrò nella Congregazione del Santissimo Redentore e, dopo il noviziato, venne inviato prima nel convento di Stanislaviv e poi in quello di Lviv (Leopoli).
Dal 1934 insegnò teologia dogmatica e sacra scrittura nel seminario redentorista di Gholosko, nei pressi di Lviv.
Dal 1941 fu superiore della comunità di Ternopil e dal 1944 di quella di Zbojiska. Nel 1946 fu internato insieme a tutti i cinquantotto redentoristi che si trovavano in Ucraina Occidentale ed il 17 ottobre 1948, con altri trenta confratelli, fu trasferito ad Univ, ove vennero raggruppati tutti i religiosi greco-cattolici appartenenti a diversi ordini e congregazioni.
Nel gennaio 1948 fu nominato vice-provinciale della sua congregazione e vicario generale di tutta la Chiesa greco-cattolica ucraina.
Arrestato nuovamente il 24 gennaio 1950, per quasi due anni visse nelle carceri di Zolochiv, di Lviv e di Kiev.
Durante la prigionia subì ben settantadue interrogatori e spietate torture.
Il 21 novembre 1951 venne condannato a dieci anni di lavori forzati e trasportato nei lager siberiano di Ozerlag (Ozernyj), nei pressi di Irkutsk, dove fu sottoposto a continue torture.
Il Venerdì Santo del 1952 fu spietatamente bastonato e spirò tre giorni dopo, il 17 maggio, in uno degli ospedali del luogo.
La sua tomba è sita in un cimitero nella zona del lago Bajkal.
Ivan Ziatyk fu beatificato da Giovanni Paolo II il 27 giugno 2001, insieme con altre 24 vittime del regime sovietico di nazionalità ucraina.
(Autore: Fabio Arduino – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Giovanni Ziatyk, pregate per noi.

*Beata Giulia Salzano - Fondatrice (17 maggio)

Santa Maria Capua Vetere (CE), 13 ottobre 1846 – Casoria (NA), 17 maggio 1929
Martirologio Romano: A Casoria vicino a Napoli in Campania, beata Giulia Salzano, vergine, che fondò la Congregazione delle Suore Catechiste del Sacratissimo Cuore di Gesù per l’insegnamento della dottrina cristiana e la diffusione della devozione verso l’Eucaristia.
Dopo la prima soppressione, ad opera di Napoleone, degli Ordini Religiosi e della seconda ad opera del Parlamento del nuovo Regno d’Italia, avvenute nell’Ottocento, si ebbe poi un rifiorire degli stessi Ordini e un meraviglioso sorgere di nuove Congregazioni religiose.
Tutta l’Italia ne fu beneficiaria, ma soprattutto nel Napoletano; questa generosa terra già aveva espresso il mirabile fenomeno delle ‘monache di casa’, anime consacrate che pregavano, soffrivano ed operavano nella propria casa e nel proprio rione; proseguendo poi per tutto il secolo e l’inizio del successivo con il fiorire, sia per nascita, sia per zona di apostolato, di tante figure emergenti nel campo della Chiesa Cattolica.
Esse, sia maschili che femminili, desiderarono diffondere il Vangelo, prima con l’esempio della loro santa vita e poi con altri compagni con l’insegnamento, l’assistenza, l’aiuto agli orfani, agli ammalati, ai poveri e quanti altri, in quei tempi di sconvolgimenti politici e sociali, avessero avuto bisogno di un sostegno spirituale e corporale.
Per questo, come gigli mirabili, fiorirono le loro Congregazioni e Fondazioni, di cui molte arrivate vive ed operanti fino a noi; ne citiamo qualcuna nel campo femminile: la serva di Dio Geltrude y Gomez de Arce, fondatrice delle Suore Benedettine di S. Geltrude; la serva di Dio Maria Maddalena Starace, fondatrice delle Suore Compassioniste Serve di Maria; la beata Caterina Volpicelli, fondatrice delle Ancelle del Sacro Cuore; la serva di Dio Claudia Russo, fondatrice delle Povere Figlie della Visitazione; la serva di Dio Maria Consiglia dello Spirito Santo, fondatrice delle Suore Serve di Maria Addolorata; la beata Maria Cristina Brando, fondatrice delle Suore Vittime Espiatrici di Gesù Sacramentato; ecc.
A questo eletto, ma incompleto elenco, aggiungiamo la beata Giulia Salzano di cui parliamo, nata a Santa Maria Capua Vetere (CE) il 13 ottobre 1846, che però dai 19 anni si trasferì e visse per tutta la vita a Casoria (NA).
Figlia di Diego Salzano, capitano dei lancieri, nell’esercito borbonico di Ferdinando I e di Adelaide Valentino, discendente della famiglia di Sant' Alfonso, era la quarta di sette figli, rimase presto orfana del padre e quindi affidata al Regio Orfanotrofio di S. Nicola la Strada presso Caserta; ritornò in famiglia a quindici anni, dove completò gli studi, conseguendo il diploma di maestra.
Nell’ottobre 1865 si trasferì a Casoria, avendo ottenuto un incarico d’insegnante nella scuola comunale, dell’allora piccolo paese rurale; nel contempo si preoccupò subito di insegnare ai piccoli scolari anche le verità della fede, raccogliendoli nel cortile della sua casa.
Su suggerimento del servo di Dio cardinale Sisto Riario Sforza, contattò la beata Caterina Volpicelli, per diffondere a Casoria l’opera delle Ancelle del S. Cuore. Donna Giulietta, come veniva chiamata a Casoria, lasciò la scuola anticipatamente, a 36 anni, perché cominciò a maturare l’ideale della vita religiosa a partire dal 1882, guidata in questo cammino dal beato Ludovico da Casoria e da altri degni e santi sacerdoti; Giuseppe Piccirelli, Bonaventura Maresca, Giuseppe Muller.
E con grande spirito profetico, ma anche con tante sofferenze, raccolse intorno a sé, nell’ottobre 1890, un gruppo di amiche, che costituirono il nucleo iniziale delle “Suore Catechiste del S. Cuore”, Congregazione che ha lo scopo primario di far conoscere ed amare Dio da tutti, mediante la devozione al Sacro Cuore ed alla Vergine Maria.
Il nuovo Istituto incontrò varie difficoltà nell’ambito della diocesi di Napoli, perché si voleva far confluire Giulia e le amiche, nelle ‘Ancelle del S. Cuore’; ma il cardinale Giuseppe Prisco, intervenne e incoraggiò l’Opera catechista e ne affidò la direzione in ordine di tempo a don Provitera, don Catalano e don Fabiani.
Il 21 novembre 1905, lei e sette compagne presero il velo, a loro in breve tempo si aggiunsero altre giovani e così si aprirono altre Case sempre nell’ambito napoletano. L’attività della Congregazione, guidata con abnegazione totale da madre Giulia Salzano, era incentrata soprattutto sull’insegnamento catechistico e sulla devozione all’Eucaristia ed al Sacro Cuore; certamente in quei tempi così lontani, madre Giulia anticipò la spinta e l’importanza che oggi la Chiesa ha dato alla Catechesi, cioè a tutti i livelli e ad ogni ceto sociale; ogni giorno della settimana era impegnata nei vari incontri e quando qualche suora, vedendola affaticata e stanca, cercava di distoglierla, essa reagiva dicendo a tutte le suore che come Catechiste dovevano desiderare di morire sulla breccia, cioè facendo catechismo fino all’ultima ora.
Nel 1916 furono completate le Regole dell’Istituto e inviate alla competente Congregazione romana. Le “Suore Catechiste del Sacro Cuore” ottennero il decreto di erezione diocesana dal
card. Prisco, il 12 agosto 1920, le Costituzioni furono approvate da Roma il 4 febbraio 1922 ed il riconoscimento pontificio giunse il 19 marzo 1960.
Madre Giulia Salzano continuò il suo apostolato, dispensando consigli a quanti aprivano il loro cuore alla sua accogliente comprensione; per tutti, giovani, soldati, mamme, aveva parole di conforto ed incoraggiamento.
Ad 83 anni, poco prima del concludere il suo cammino terreno, esaminò circa 100 bambini, preparati per la Prima Comunione, fedele fino all’ultimo al suo motto: “Farò catechismo finché avrò un fil di vita”.
Madre Giulia morì a Casoria il 17 maggio 1929; la sua Congregazione si è diffusa, non solo in diverse città italiane, ma anche in altri Stati: Canada, Brasile, Filippine, Perù e India, per promuovere ovunque una Evangelizzazione e Promozione umana.
Il 4 aprile 1974 si ebbe il decreto d’introduzione della Causa di beatificazione, che è proseguita in questi anni, nelle sue varie tappe e sempre positivamente. Il 27 aprile 2003, papa Giovanni Paolo II l’ha beatificata in Piazza S. Pietro a Roma e, caso eccezionale, insieme all’altra fondatrice Maria Cristina Brando, anch’essa di Casoria.
Il piccolo centro rurale di una volta, oggi fiorente città alle porte di Napoli, annovera così il primato di avere ben tre beati fra la sua recente popolazione, tenendo conto anche del Beato fondatore Ludovico da Casoria, beatificato nel 1993. (Autore: Antonio Borrelli)
Farò sempre catechismo, finchè avrò un fil di vita”, si era data come scopo di vita, e aveva anche detto di essere “contentissima di morire facendo catechismo”. E se questo non le accadde, certamente tutta la sua vita si consumò nella catechesi a tutti i livelli, ad ogni ceto sociale e ad ogni fascia di età. Giulia Salzano nasce a Santa Maria Capua Vetere (Caserta) nel 1846, in una famiglia agiata che di colpo si trova in difficoltà con la morte del papà, ufficiale dell’esercito borbonico. Giulia finisce in orfanotrofio perché mamma non sa come mantenere la famiglia, e vi resta fino a 15 anni.
Comincia a lavorare per far quadrare il bilancio familiare, ma continua anche a studiare perché vuole diventare maestra. Con il diploma in tasca raggiunge la sua prima scuola a Casoria, in provincia di Napoli, e con lei si trasferisce tutta la famiglia. Ma a Casoria Giulia non si limita ad essere una brava maestra: trova il tempo per visitare i malati e aiutare i poveri, ma soprattutto comincia a preparare i bambini alla prima comunione.
“Donna Giulietta”, come tutti la chiamano in segno di deferenza, è stata folgorata dalla definizione del catechismo “Dio ci ha creati per conoscerlo, amarlo e servirlo in questa vita” ed è amareggiata nel constatare che troppi non arrivano a conoscere Dio per mancanza di istruzione religiosa. Di qui la decisione di aprire la sua casa non solo ai suoi alunni ma anche a tutti i bambini della zona, di organizzare corsi di catechesi per le giovani, le mamme e gli operai, di guidare i fedeli nella preghiera. Apre un laboratorio per la confezione di arredi per le Chiese povere, promuove la devozione al Sacro Cuore, diffonde la recita del rosario e la pratica del mese di maggio che predica personalmente nella chiesa del Carmine., dove la gente accorre per ascoltare “donna Giulietta”. Alla soglia dei 50 anni sente che è necessario dare continuità alla sua opera di catechesi.
Raccoglie intorno a sé alcune ex allieve e altre giovani che si lasciano attrarre dal suo carisma e dal suo ascendente e insieme a loro fonda nel 1894 l’Opera Catechistica, che dieci anni dopo assume la fisionomia di congregazione religiosa con la nascita delle Suore catechiste del Sacro Cuore. Le istruisce e le prepara al ministero ripetendo loro: “la suora catechista deve sentirsi sempre pronta in tutte le ore per istruire i piccoli e gli ignoranti; non deve misurare i sacrifici che richiede tale ministero; dovrebbe desiderare di morire sulla breccia, se così piacesse a Dio”.
Le precede con l’esempio dedicandosi completamente alla catechesi, nonostante gli impegni che deve assolvere alla guida dell’Istituto. Il 16 maggio 1929, all’età di 83 anni, esamina più di 100 bambini che devono essere ammessi alla Prima Comunione e all’alba del mattino dopo muore serenamente, fedele fino in fondo al suo proposito di “fare catechismo finchè avrò un fil di vita”. Giovanni Paolo II° la proclama Beata il 23 aprile 2003 indicandola come Donna Profeta della Nuova Evangelizzazione, unica figura di fondatrice ad esprimere il carisma della catechesi.
(Autore: Gianpiero Pettiti - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Giulia Salzano, pregate per noi.

*San Pasquale Baylon - Religioso Francescano (17 maggio)

Torre Hermosa (Aragona), 16 maggio 1540 – Villa Real (Valenza), 17 maggio 1592
Nacque il 16 maggio 1540, nel giorno di Pentecoste, a Torre Hermosa, in Aragona. Di umili origini, sin da piccolo venne avviato al pascolo delle greggi.
Durante il lavoro si isolava spesso per pregare. A 18 anni chiese di essere ammesso nel convento dei francescani Alcantarini di Santa Maria di Loreto, da cui venne respinto, forse per la giovane
età. Tuttavia non si perse d'animo, venendo ammesso al noviziato il 2 febbraio 1564.
L'anno successivo, emise la solenne professione come «fratello laico» non sentendosi degno del sacerdozio.
Nel 1576 il ministro provinciale gli affidò il compito, estremamente pericoloso, di portare documenti importanti a Parigi, rischiando di essere ucciso dai calvinisti.
L'impegno venne comunque assolto in modo proficuo. Tutta la sua vita fu caratterizzata da un profondo amore per l'Eucaristia che gli valse il titolo di «teologo dell'Eucaristia».
Fu anche autore di un libro sulla reale presenza di Cristo nel pane e nel vino.
Morì nel convento di Villa Real, presso Valencia il 17 maggio 1592, domenica di Pentecoste. Fu canonizzato da Alessandro VIII nel 1690. Nel 1897 Leone XIII lo proclamò patrono dei Congressi eucaristici. (Avvenire)
Patronato: Patrono dei Congressi Eucaristici (Leone XIII)
Etimologia: Pasquale: in onore della festa cristiana
Martirologio Romano: A Villa Real presso Valencia in Spagna, San Pasquale Baylon, religioso dell’Ordine dei Frati Minori, che, mostrandosi sempre premuroso e benevolo verso tutti, venerò costantemente con fervido amore il mistero della Santissima Eucaristia.
Cominciamo col dire che il nome Pasquale è di origine cristiana ed è molto usato anche nel femminile Pasqualina; veniva dato ai bambini nati il giorno di Pasqua, ma le sue lontane origini sono ebraiche (Pesah = passaggio) volendo indicare il passaggio del popolo ebraico del Mar Rosso e il passaggio dell’angelo di Iahweh che salvò, segnandone le case con il sangue sacro dell’agnello, i primogeniti ebrei per distinguerli da quelli egiziani destinati alla morte nell’ultima piaga d’Egitto.
Il nostro Pasquale Baylon fu un concentrato di testimonianza di quanto la Provvidenza può operare nella vita dei singoli uomini e Pasquale passò da illetterato a teologo, dalla povertà assoluta alla ricchezza degli straordinari doni dello Spirito Santo, fra cui quello della sapienza infusa, da umile portinaio e fratello laico alla santità.
Nacque il 16 maggio 1540, giorno di Pentecoste, a Torre Hermosa in Aragona, Spagna, da Martino Baylon e da Isabella Jubera; fin da bambino dimostrò una spiccata devozione verso l’Eucaristia, che sarà poi la caratteristica di tutta la sua vita religiosa.
Fu pastore prima del gregge della famiglia poi a servizio di altri padroni, la solitudine dei campi favorì la meditazione, il suo desiderio di spiritualità, la continua preghiera; prese anche a mortificare il suo giovane corpo con lunghi digiuni e flagellazioni dolorose.
A 18 anni Pasquale Baylon chiese di essere accolto nel convento di S. Maria di Loreto, dei Francescani Riformati detti Alcantarini, da San Pietro d’Alcantara loro ispiratore, non fu accettato forse per la giovane età.
Pasquale pur di rimanere nei dintorni del convento, si occupò sempre come pastore, al servizio del ricchissimo possidente Martino García, il quale ammirato di questo suo giovane dipendente, gli propose di adottarlo così da poter diventare suo erede universale, ma Pasquale diede un deciso rifiuto, perché più che mai era deciso ad entrare tra i frati di San Francesco.
Sebbene così giovane, si acquistò una certa fama di santità per le virtù cristiane e morali, ma anche per fatti prodigiosi di cui fu l’artefice.
Dopo due anni nel 1560, venne ammesso nel convento di S. Maria di Loreto, dove fece la sua professione religiosa il 2 febbraio 1564; non volle mai ascendere al sacerdozio, nonostante il
parere favorevole dei superiori, perché non si sentiva degno e nella sua umiltà si contentò di rimanere sempre un semplice fratello laico.
Fu per anni addetto ai vari servizi del convento, specialmente come portinaio, compito che espletò sempre con grande bontà, anche nei conventi di Jatíva e Valenza.
Fu davvero ‘pentecostale’, cioè favorito dagli straordinari doni dello Spirito Santo, tra cui quello della sapienza infusa, benché illetterato era costantemente richiesto per consiglio da tanti illustri personaggi.
Anche il Padre Provinciale degli Alcantarini di Spagna nel 1576, dovendo comunicare con urgenza col Padre Generale risiedente a Parigi, pensò di mandare con la missiva frate Pasquale, ben sapendo le gravi difficoltà del viaggio per l’attraversamento di alcune province francesi, che in quell’epoca erano dominate dai calvinisti.
Infatti fra’ Pasquale fu fatto oggetto di continue derisioni, insulti, percosse e ad Orléans fu anche in pericolo di morte per lapidazione, dopo aver tenuto una serrata disputa sull’Eucaristia, tenendo testa agli oppositori e rintuzzando le loro false argomentazioni.
Al ritorno della sua delicata e pericolosa missione, Pasquale Baylon compose un piccolo libro di definizioni e sentenze sulla reale presenza di Gesù nell’Eucaristia e sul potere divino trasmesso al pontefice romano.
Per il suo desiderio di maggiore perfezione, si sottoponeva a continue pesanti mortificazioni e penitenze sempre più numerose, al punto che la sua salute era ormai ridotta male.
Aveva solo 52 anni appena compiuti, quando fu sorpreso dalla morte il 17 maggio 1592 nel convento del Rosario a Villa Real (Valenza), era il giorno di Pentecoste, così come fu per la nascita.
I funerali videro la partecipazione di una folla di fedeli, che volle fare omaggio di una sentita venerazione alla salma dell’umile fratello laico francescano, la cui santità per i miracoli che avvennero, fu conosciuta in tutto il mondo cattolico.
Particolarmente venerato fu a Napoli, soggetta alla dominazione spagnola e il cui culto si concentrò in due grandi e celebri conventi francescani alcantarini ancora esistenti, S. Pasquale a Chiaia e S. Pasquale al Granatello, piccolo porto di Portici; il suo nome fu dato a generazioni di bambini, come del resto in tutto il Sud Italia.
Viene chiamato il “Serafino dell’Eucaristia”, di questa grande devozione ci sono pervenuti i suoi pensieri personali e preghiere, che aggiungeva alle raccolte di scritti su temi eucaristici che meditava.
Fu beatificato 26 anni dopo la morte, il 29 ottobre 1618 da papa Paolo V e proclamato santo il 16 ottobre 1690 da papa Alessandro VIII; papa Leone XIII il 28 novembre 1897 lo proclamò patrono delle opere eucaristiche e dei congressi eucaristici.
I suoi resti che si veneravano con grande devozione a Villa Real, furono profanati e dispersi durante la famigerata Guerra Civile Spagnola (1936-39); una parte furono successivamente recuperati e restituiti alla città nel 1952.
La sua appassionata devozione per l’Eucaristia, ha ispirato nei secoli i tanti artisti che l’hanno raffigurato, infatti egli compare sempre nell’atto di adorare l’ostensorio, come del resto compare nelle immaginette devozionali.
È considerato patrono dei cuochi e dei pasticcieri, secondo la tradizione sarebbe l’inventore dello zabaione; è patrono anche delle nubili in cerca di marito e popolarmente delle donne in generale, secondo un detto con la rima “San Pasquale Baylonne, protettore delle donne”.
La sua festa si celebra il 17 maggio.
(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Pasquale Baylon, pregate per noi.

*San Pietro Liu Wenyuan - Catechista e Martire (17 maggio)

m. 1834
Scheda del gruppo a cui appartiene:
"Santi Martiri Cinesi" Agostino Zhao Rong e 119 Compagni (9 luglio - Memoria Facoltativa)

1790 - 1834
Martirologio Romano:
Nella città di Guiyang nella provincia del Guizhou in Cina, San Pietro Liu Wenyuan, martire, che, catechista, fu strangolato per la fede in Cristo.
Liu Wenyuan nacque nella provincia di Guizhou, nel 1790. Nel 1797, un mercante di seta giunse nella fattoria dove lavorava; era cattolico e colse l’occasione per parlargli di Gesù.
Il contadino rimase talmente colpito dal messaggio del Vangelo da decidere di andare a Guiyang, per conoscere meglio il Cristianesimo.
Lì, dopo aver avuto una sufficiente istruzione, venne battezzato col nome di Pietro.
Nel 1800, Pietro e altri cinque cattolici vennero arrestati ed esiliati in Manciuria.
I prigionieri, passando per Pechino, furono spiritualmente rafforzati dalla visita del vescovo.
Giunto in Manciuria, l’uomo venne venduto come schiavo: per trent’anni subì trattamenti orribili da parte della famiglia che l’aveva comprato, ma offriva tutte le torture e le umiliazione per la gloria di Dio, senza un lamento.
Nel 1830 un’amnistia generale gli concesse di tornare a casa, ad occuparsi della fattoria e dei campi.
Tuttavia, appena quattro anni dopo, la persecuzione riprese: fra gli arrestati, ci furono anche i due figli e la nuora di Pietro.
Per potersi avvicinare a loro, l’uomo si travestì da mercante di ortaggi: riuscito nel suo intento, li incoraggiò a rimanere saldi nella fede.
Un soldato, però, lo riconobbe come cattolico e lo rinchiuse immediatamente in prigione.
Anche nel mezzo delle torture più terribili, Pietro non si scoraggiava, pregava costantemente ed elevava lodi a Dio.
Minacciato di essere nuovamente esiliato, non si smosse.
Le autorità, allora, esiliarono il suo secondogenito e la nuora in Mongolia; appena alcuni mesi dopo, morì in carcere il suo primogenito. All’apprendere la notizia, il contadino sospirò: «Sia fatta la volontà di Dio».
Un giorno, mentre pregava, fu visto apparire di fronte a lui un grande telo bianco, che disparve appena i soldati vennero a prelevarlo.
Il segno venne interpretato come un presagio di morte. In effetti, il 17 maggio 1834 arrivò la sentenza per la sua esecuzione.
Quando Pietro venne condotto fuori dalla prigione, si dice che un globo di fuoco fosse sceso dal cielo e si fosse fermato sul suo capo; nel frattempo, un angelo gli asciugò il sangue dal viso e portò la sua anima in cielo.
Sicuramente, dopo la sua morte, sua moglie venne a prelevare il suo cadavere e lo seppellì nell’orto che aveva a lungo curato.
Pietro Liu Wenyuan venne incluso nel gruppo di 50 martiri dei Vicariati Apostolici di Guizhou, Sichuan, Tonchino Occidentale, Cocincina e Tonchino Orientale, il cui decreto sul martirio venne promulgato il 2 luglio 1899.
La beatificazione avvenne il 27 maggio 1900. Inseriti nel più ampio gruppo dei 119 martiri cinesi, capeggiati da Agostino Zhao Rong, vennero infine iscritti nell’elenco dei Santi il 1 ottobre 2000, da parte del Beato Giovanni Paolo II.
(Autore: Emilia Flocchini – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Pietro Liu Wenyuan, pregate per noi.

*Santa Restituta - Madre di S. Eusebio di Vercelli (17 maggio)
III-IV secolo
Un ignoto agiografo scrisse nel secolo VIII una biografia di Sant’Eusebio, primo vescovo di Vercelli, originario però della Sardegna. Tale scritto sostiene che la madre del santo si chiamasse Restituta.
Nata anch’essa in Sardegna nella seconda metà del III secolo, dopo la morte del marito, ucciso in odio alla fede cristiana, decise di lasciare l’isola per trasferirsi a Roma, portando dunque con sé i due figlioletti, che vennero battezzati dal Papa Sant’Eusebio ed appunto da lui ricevettero i nomi di Eusebio ed Eusebia.
Il primo fu dunque il primo a ricoprire in Piemonte la carica episcopale, mentre la sorella gestì il ramo femminile del celebre cenobio vercellese.

Restituta fece in seguito ritorno in Sardegna e presso Cagliari le toccò subire la medesima sorte del marito, cioè il martirio, nella prima metà del IV secolo.
Nel 16077 vennero eseguiti scavi in quella città, che confermarono l’esistenza di due cappelle in cui erano custodite una statua e delle reliquie di Santa Restituta.
Alcuni storici fanno tuttavia risalire questi resti ad un’altra Santa omonima, la martire uccisa presso Cartagine sotto il proconsole Antonino le cui reliquie sarebbero state portate in Sardegna da alcuni profughi, sfuggiti alle devastazioni operate dai vandali.
La festa delle due sante omonime è posta comunque alla stessa data: 17 maggio.
(Autore: Fabio Arduino – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santa Restituta, pregate per noi.

*Santa Restituta d'Africa (o di Teniza) - Martire (17 maggio)

La giovane Restituta con le compagne pregava il suo Gesù nelle grotte, quando un giorno venne imprigionata dal tiranno Proclino, che le chiedeva di credere ai suoi dei: ma Restituta coraggiosamente riaffermò la sua grande fede per Gesù, che è il vero Dio.
Proclino la fece torturare con chiodi conficcati nei piedi e, legatala con i suoi lunghi capelli ad un palo, la fece flagellare; dopo tante torture la mise su una barca piena di pece e, accompagnata da un'altra barca dei torturatori, le fecero prendere il largo per bruciarla in mezzo al mare.
Ma il miracolo di Dio fece in modo che invece di bruciare la barca di Restituta bruciasse la barca dei carnefici, e Restituta giunse dopo le torture alla spiaggia di San Montano, trascinata dal vento dall'Africa ad Ischia.
Emblema: Palma, Giglio, Grappolo d'uva
Martirologio Romano: In Africa Proconsolare, nell’odierna Tunisia, commemorazione di Santa Restituta, vergine e martire.
Santa Restituta, vergine e martire africana, secondo alcune fonti era originaria di Cartagine, secondo altre di Tenizia, cioè Ponizarius, forma grafica contraffatta di Hippo-Diarrhytus, l’attuale Biserta in Tunisia: questa sorge sulla costa prospiciente lo stretto di Sicilia, ed era già nel III secolo illustre sede episcopale presso Cartagine.
Restituta, formatasi alla scuola di San Cipriano, vescovo di Cartagine, fece parte del gruppo dei martiri Abitinesi, descritto nella “Passio SS. Dativi, Saturnini et aliorum”, redatta da Pio Franchi Dei Cavalieri.
Durante la decima persecuzione anticristiana, ordinata dall’Imperatore Diocleziano nel 304, un folto numero di cristiani, provenienti anche dalle vicine città di Cartagine e Biserta, continuarono
a radunarsi nella città di Abitina in casa di Ottavio Felice, per celebrarvi il rito eucaristico, detto “dominicum”, sotto la guida del presbitero Saturnino.
Una cinquantina di loro venne sorpresa dai soldati romani: furono arrestati, interrogati e quindi trascinati in catene a Cartagine.
Il 12 febbraio del 304 subirono l’interrogatorio rituale alla presenza del proconsole Anulino e, riconfermata la loro fede nonostante le torture, vennero condannati a morte: fra loro c’era anche Restituta.
Mancano dati storici precisi sul luogo e il tempo del suo martirio; la diffusione del culto di S. Restituta in Italia, è storicamente legata alla persecuzione vandalica del 429 in Nord Africa, ordinata dal re Genserico e descritta nelle pagine di Vittore di Vita.
Nei vari luoghi dove trovarono rifugio gli esuli cartaginesi, ebbe origine la devozione alla martire africana.
Tra i luoghi legati al culto della Santa, ricordiamo Napoli, Lacco Ameno nell'isola d'Ischia, Palermo, Cagliari, Oristano, Calenzana in Corsica e Oricola, in provincia dell'Aquila .
A Napoli è intitolata alla Santa una basilica, originariamente eretta dall’imperatore Costantino, ma la festa di S. Restituta si celebra con maggiore solennità nell’isola d’Ischia, di cui è compatrona, in particolare a Lacco Ameno, di cui è patrona, dove il suo nome viene ricordato il 17 di maggio con undici giorni di festeggiamenti, dall' 8 al 18, culminanti con la processione del giorno 17.
Tardive “Passiones” medioevali hanno completato gli scarsi dati storici citati: ricordiamo quella dell’agiografo Pietro Suddiacono, risalente al X secolo, che descrive il processo, la condanna e il martirio della Santa che, stremata dalle torture, fu posta su di una barca carica di stoppa, intrisa di resina e pece; quando questa fu portata al largo dai carnefici e data alle fiamme, la Santa rimase illesa, mentre il fuoco annientò l’altra imbarcazione con i suoi occupanti. Restituta ringraziò il Signore, castigo degli empi, e invocò che un Angelo la accompagnasse durante la traversata: esaudita, riconoscente domandò di accedere alla pace eterna e serenamente spirò.
Una tradizione ultramillenaria narra ancora che la barca, guidata dall’Angelo, approdò all’isola Aenaria, oggi detta Ischia, situata di fronte al golfo di Napoli, toccando terra nella località detta “ad ripas”, oggi San Montano.
Viveva in quel luogo una matrona cristiana di nome Lucina: avvertita in sogno dall’Angelo, si recò sulla spiaggia, dove trovò l’imbarcazione arenata e in essa il corpo intatto e splendente di Restituta. Radunata la popolazione, venne data solenne sepoltura alla Martire nel luogo detto Eraclius, alle falde dell’attuale Monte Vico in Lacco Ameno, dove sono conservati i ruderi di una basilica paleocristiana, e dove sorge oggi un Santuario dedicato alla Santa.
Il viaggio leggendario ha ispirato il poeta francese A. de Lamartine, che compose nel 1842 “Le lis du golfe de Santa Restituta dans l’ìle d’Ischia.”
Ricordiamo infine che a Cagliari, in via S. Efisio, nello storico quartiere di Stampace, si trova la cripta di S. Restituta, una grotta in parte naturale e in parte artificiale, dove è posto un altare a tre nicchie: in quella centrale è situata una statua della Santa; nella grotta vennero rinvenute nel 1614 delle reliquie a lei appartenenti: gli studiosi ritengono che esse siano state portate dai vescovi africani, esiliati nel VI secolo dal vandalo Trasamondo; ci si ricollega così ai martiri di Abitine, citati in precedenza.  
(Autore: Vito Calise – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santa Restituta d'Africa, pregate per noi.

*San Vittore - Martire (17 maggio)
sec. IV

Martirologio Romano: A Roma sulla via Salaria Antica nel cimitero di Basilla, San Vittore, Martire.

Santi Adrione di Alessandria e Vittore di Roma, martiri

Il Martirologio Geronimiano alla data del 17 maggio ha: «In Alexandria Adrionis Victoris et Basillae»; la memoria è passata poi nel Martirologio Romano, che ricorda lo stesso giorno i nomi degli stessi santi.
Si deve notare, però, che nelle diverse notizie tramandateci si è generata una certa confusione.
Il Delehaye, infatti, fa notare acutamente come i codici del Geronimiano alla memoria sopra indicata fanno seguire la notizia: «Romae via Salaria vetere». Secondo lo stesso commentatore del Martirologio Romano la ricostruzione del testo sarebbe probabilmente la seguente: «Alexandriae Adrionis, Romae via Salaria vetere in coemeterio Basillae Victoris».
Adrione è un martire d'Egitto, conosciuto solamente di nome; Vittore, invece, è un martire romano. Di quest'ultimo sappiamo, poi, da antiche testimonianze che era stato sepolto nel cimitero di Basilla; infatti, l'Itinerario salisburgense Notitia ecclesiarum urbis Romae, del sec. VII, scrive: «Deinde vadis ad Australem via Salaria, donec venies ad S. Ermetem, in altera spelunca Protus martyr et Iacintus deinde Victor martyr».

(Autore: Filippo Caraffa – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Vittore, pregate per noi.

*Altri Santi del giorno (17 Maggio)
*xxx
Giaculatoria - Santi tutti, pregate per noi.

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